SARCOFAGHI MIRACOLOSI
La storia di due Santi e dei loro sarcofaghi considerati miracolosi. Uno a
Senigallia l’altro nel territorio di Mondolfo.
Il Sarcofago di San Gudenzio
da:“il sarcofago di San Gaudenzio”
Il sarcofago di San Gaudenzio conservato nella sacrestia del Duomo di
Senigallia è l’unica testimonianza artistica alto-medievale della città. San
Gaudenzio è oggi il patrono della città di Ostra ed è invocato contro la peste.
Il Santo nacque nel 280 d.C. ad Efeso da genitori cristiani che furono
perseguitati e poi uccisi dai Manichei. Non essendo stato ancora battezzato e
desideroso di ricevere questo sacramento, si recò a Roma mentre impazzava la
persecuzione di Diocleziano.
Riuscì comunque nell’intento facendosi battezzare dal sacerdote, poi Santo,
Giustino.
A Roma convertì la Matrona Eusitica e conobbe Papa San Marcello che
lo avviò al sacerdozio. Divenne sacerdote nel 314, e vescovo nel 341. Operò a
Rimini per convertire i pagani, ma in questa città molto forte era la presenza
dell’eresia ariana, tanto che questi decisero di eliminare la scomoda figura di
Gaudenzio.
Lo uccisero di notte mentre pregava, a colpi di pietre e bastoni, poi
gettarono il cadavere in fondo ad un lago.
Gaudenzio operò molti miracoli mentre era in vita anche nei dintorni di
Senigallia mentre era in viaggio da Roma a Rimini: presso il fiume Esino guarì
un paralitico, trasformò l’acqua putrida di una pozza lungo il fiume Misa in
ottimo vino per ristorare i suoi compagni di viaggio, convertì un giovane di
origine Dalmata di nome Marino che poi si ritirò a vita eremitica sul Monte
Titano da cui nacque la Repubblica di San Marino.
Dopo la sua morte per 70 anni il suo corpo non fu mai trovato, finchè una
giovane cieca di nome Abortina, grazie ad un sogno profetico, ritrovò il luogo
con le spoglie del Santo e riacquistò la vista. Fu costruito un sepolcro in
quel luogo per contenerne i poveri resti, ma fu distrutto dai numerosi eventi
bellici.
Alcuni senigalliesi decisero di portare le reliquie del santo da Rimini a
Senigallia, per ricevere la grazia da una pestilenza che opprimeva la zona nel
590 d.C., solo il cranio fu lasciato nella città romagnola.
Si attribuirono talmente tanti miracoli a San Gaudenzio che la regina
Teodolinda venne da Verona ad adorarne le reliquie e fondò su una collinetta a
3 km da Senigallia una chiesa a tre navate ed un convento per i monaci
benedettini, mentre il vescovo Sigismondo fece riporre le spoglie del santo in
un sarcofago di tipo ravennate.
Nel 1483 la chiesa, al tempo custodita dagli abati di Santa Maria di
Sitria, fu abbandonata e lasciata cadere in rovina.
Il capitano Bergamini di Ostra nel 1520 salvò le reliquie abbandonate tra i
ruderi, e per estrarle ruppe una parte del coperchio del sarcofago.
Oggi le sue spoglie si trovano custodite nella chiesa di San Francesco nel
centro storico di Ostra.
Nel 1616, il sarcofago ormai vuoto, fu trasportato nella chiesetta di San
Sebastiano di Senigallia perché, si diceva, operava esso stesso numerosi
miracoli.
Nel 1712 il sarcofago fu collocato nella quarta Cattedrale[1] di Senigallia nella cappella della
Concezione. Poi nel 1790 fu trasportato nel Duomo attuale e nel 1923 nell’Aula
Capitolare infine fu sistemato nella sacrestia dove si trova attualmente.
Nel luogo dove sorgeva il monastero e la chiesa di San Gaudenzio sulla
collina detta “monte della gessara” sorge villa Fedrighini costruita alla fine
dell’800 dove si vedono ancora inglobate le colonne e parti dell’antico
fabbricato. La via antistante è denominata “strada di San Gaudenzio”.
Da “il sarcofago di San Gaudenzio” ricerche a cura della classe II A della
scuola media Fagnani di Senigallia a.s. 1992-1993.
San Gervasio e il suo sarcofago
Foto di A. Pigliapoco
Da Senigallia proseguendo a Nord lungo la statale si giunge a Marotta,
deviando sulla Strada Pergolese tra le località Cento Croci e Ponte Rio sorge
una chiesa eretta e costruita sulle rovine di un tempio pagano. La chiesa
risale al V - VI sec d.C., è a pianta basilicale a tre navate. Nella cripta
conserva uno splendido sarcofago tipo ravennate datato primo quarto del IV sec
d.C. Divenne un monastero tra il VIII e IX sec. nel territorio detto Bulgaria,
nome dovuto all’insediamento dei protobulgari, popolazione di razza
mongola scesi in Italia con i longobardi nell’alto medioevo.
Nel XII sec. La chiesa di San Gaudenzio unisce le sue sorti a quelle
della già citata Abbazia di San Gaudenzio di Senigallia e insieme passano
sotto la giurisdizione dell’ Abbazia di Sitria. Nel 1345 vi sarà un solo
monaco. Una leggera ripresa si ebbe con alcuni frati eremiti nel 1500. Fu
poi abbandonata completamente e trasformata in magazzino agricolo.
L’edificio monastico che era unito alla chiesa sulla fiancata destra, ma
oggi è completamente scomparso.
Numerosi sono i reperti di recupero usati per la costruzione della chiesa,
come le colonne poste all’ingresso che fanno pensare alla presenza di un
edificio precedente.
Al centro della cripta perfettamente conservata vi è una splendida
colonna con un’iscrizione in lettere greche posta capovolta, sia per aumentarne
la capacità di portata di peso, sia per neutralizzare, secondo i dettami del
tempo, gli influssi negativi dovuti alla precedente funzione di pilastro di un
edificio pagano.
San Gervasio, detto affettuosamente San Servag, era un eremita che amava
aiutare i contadini nelle loro faccende quotidiane, anche quelle più umili.
In un periodo di forte siccità e conseguente mancanza di acqua per gli
animali e per la campagna, San Gervasio cercò una soluzione al problema. Prese
una ruscella, attrezzo per pulire l’aratro dal fango e terra, e si mise a
scavare una buca. Bastò solo qualche centimetro per far scaturire una sorgente
di acqua freschissima e abbondante tanto da ridare vita a tutta la vallata e
far rifluire il fiume Cesano.
Oggi a circa un chilometro e mezzo dalla chiesa in mezzo alla campagna
esiste ancora la fonte d’acqua fatta scaturire dal Santo ed ha il potere di
guarire dalla scabbia, una malattia della pelle che colpisce sia uomini che
animali.
San Gervasio fu molto venerato tanto da essere stato fino al 1643 patrono
di Mondolfo, ma poi fu proclamata al suo posto Santa Giustina martire in
Nicomedia che si ritiene sorella del Santo.
Una leggenda vuole che il corpo del Santo dopo pochi anni dalla morte fosse
tolto dal suo sacello e tumulato in un luogo sicuro sempre nel perimetro della
chiesa.
A seguito di questa storia, all’inizio del XX sec il proprietario del
terreno, e quindi della chiesa, decise di vedere cosa contenesse il sarcofago,
se vi era il corpo del santo o se era vuoto. Commissionò ad un gruppo di
operai di sollevare il pesante coperchio. Durante il lavoro il coperchio si
ruppe, tuttora si può osservare la spaccatura, e all’improvviso gli operai
cominciarono ad urlare dicendo di non vedere più nulla, che una fitta nebbia
tutto intorno toglieva la possibilità di vedere. La gente accorsa richiamata
dalle grida però non vedevano la nebbia, anzi tutto l’ambiente era
perfettamente limpido come sempre.
Dopo questo episodio nessun altro osò aprire il sarcofago.
Negli anni '90 però alcuni ladri si introdussero furtivamente
nella chiesa in cerca di tesori e oggetti da rubare.
Dopo aver scardinato il portone d’ingresso si introdussero all’interno.
Il mattino seguente alcuni vicini trovarono la porta aperta ed entrati
videro che il coperchio del sarcofago aveva una leggera spaccatura e a terra
giacevano gli attrezzi da scasso, come se qualcuno li avesse abbandonati per
darsela a gambe velocemente.
I numerosi reperti romani nella zona di San Gervasio fanno pensare
all’esistenza di un vicus, un villaggio romano di tutto rispetto. Qui passava
una strada di grande comunicazione che da Marotta risaliva fino a Suasa per
passare a Sassoferrato, l’antica Sentinum, e da qui si collegava alla Flaminia.
Da San Gervasio un'altra strada secondaria chiamata “via gallica” saliva a
Mondolfo e poi scendeva a Caminate[2] di Fano, strada che secondo alcuni storici fu percorsa nel 207 a.C, da
Asdrubale.
Il vicus presso la chiesa forse era l’antica stazione di cambio di cavalli
con annessi servizi e abitazioni che secondo gli “Itinerari romani”,
antica carta geografica del tempo, veniva indicata con il nome di “ad Pirum
Philumeni” e cioè “Al Pero di Filomeno.”
Da “San Gervasio in Bulgaria” Archeoclub sede di Mondolfo
[1] Le Cattedrali di Senigallia: La prima
probabilmente, la chiesa di San Gudenzio già cimitero sub-urbano. La seconda
tra Piazza dell’Oca e Piazza Saffi eretta intorno al 567 dalle pie donne Marzia
e Giustina mogli dei capitani greci Aristeo e Diogene e dedicata alla Vergine e
San Paolino, fu lesionata da Manfredi nel 1264 e poi abbandonata. La terza
costruita nel 1271 si trovava tra Piazza Saffi e il Politeama Rossini. Fu
abbattuta nel 1458 da Sigismondo Pandolfo Malatesta. Nel 1493 fu costruita la
quarta cattedrale dove oggi c’è Piazza Doria e infine l’attuale edificata nel
1790.
[2] A Caminate si trova la prima catacomba
cristiana delle Marche, dove si rifugiò nel 303 d.C. San Paterniano mentre
stava diffondendo il Vangelo nelle valli del Metauro durante le persecuzioni di
Diocleziano.